Silenzi-Racconti ed emozioni di uomini e montagne
ISBN: 9788885601086
ISBN: 9788885601086
Un libro di: Dario Bubola
In copertina: Dario Bubola - Tempi moderni (per gentile concessione - ph. Heinz Mariacher)
Prefazione di Enrico Camanni
Introduzione di Alessandro Gogna
Semplicemente storie di silenzi.
C’è Marta, giovane ragazza di Padova che vive aspettando di andare in montagna con i genitori, Marco che sale la parete sud della Marmolada, un vecchio che racconta la sua guerra sull’Altipiano, un padre che scrive a sua figlia addormentata sulle sue ginocchia sotto la parete della Moiazza, un gruppetto di amici che preferisce alla discoteca una notte al rifugio Carducci e altre ancora.
Con linguaggio diretto ed essenziale, ritmo incalzante e finali sorprendenti, i racconti del libro fanno capire chiaramente, come non mai, perché si ha bisogno profondo, inarrestabile, di andare in montagna.
“I silenzi che guidano la lettura sono lì a disposizione di tutti e di nessuno.
Dipende se sappiamo ascoltare, che è il primo passo per comprendere e raccontare”
Dall’introduzione al libro di Enrico Camanni
“E’ qui che la voce del silenzio diventa assordante, specie se ci tiene compagnia il vento.
Come lui, ci sentiamo anche noi portatori di silenzio”
Dalla prefazione al libro di Alessandro Gogna
SILENZI
l caminetto sempre acceso
Cosa faremo io e te da grandi
Accanto a me il silenzio
Villa Nina
Forcella Antander
Luna
Ricordava solo il silenzio e il freddo
Stretti tra le dita
Sorridere al cielo
Per sempre
Pensieri dal silenzio
Silenzi di una vita
Il silenzio dei monti
La sedia sotto l’acero
Magari una voce
Le vacanze in montagna di Marta
Canna d’organo
PREFAZIONE
di Enrico Camanni
Sbagliano gli alpinisti a sentirsi superiori agli altri, invece sono sinceri quando parlano e scrivono di ripide emozioni. Il sentimento della montagna è un modo di guardare. Fascinazioni uniche, particolari. Sono i valori dell’andare su. Non il coraggio, la capacità tecnica, certi sguardi di sufficienza complice, ma il senso della montagna che ti entra dentro, aspro e solitario. Un certo modo di leggere la vita.
I due ingredienti che fanno speciali le montagne italiane, e i racconti di montagna, li trovate nelle storie di questo libro: il senso dell’avventura e il senso del passato. L’uno si alimenta con l’altro. L’avventura alpina, la solitudine, i grandi spazi sarebbero diversi se le Alpi non recassero tracce di una storia millenaria, suo malgrado eroica, fatta di teste dure e resistenti, spesso in conflitto con la pianura. L’escursionismo e l’alpinismo al tempo di internet si posano ancora su quella storia antica, in un contrasto perenne tra i loro sacrifici e il nostro tempo libero, i loro sforzi obbligatori e le nostre fatiche liberatorie, la civiltà del risparmio e la civiltà del consumo. Nel suo vagabondare per le Alpi scalandole, pensandole, cercandone il senso, l’autore è costantemente appeso ai due territori più inesplorati e arcani: il mistero della natura e il mistero delle cose andate. Lo siamo tutti quando andiamo in alta montagna abbandonando le false certezze del nostro tempo e lasciandoci avvolgere da una realtà più grande e da una natura più veritiera.
Dario Bubola fa tesoro dei due ingredienti per costruire i suoi racconti, che sono invenzioni personali ma anche condivise o condivisibili con chi frequenta le ripide emozioni. I silenzi che guidano la lettura sono lì a disposizione di tutti e di nessuno. Dipende se sappiamo ascoltare, che è il primo passo per comprendere e raccontare.
Un giorno riusciamo a sentire la voce delle cime e scopriamo che ogni montagna racconta di dolori e di guerre, e ogni cima ha il suo colore, il suo odore e la sua musica. Il colore è legato alla roccia, che determina anche la qualità della terra e dei fiori. L’odore cambia con le stagioni dell’anno – l’odore inodore della neve, la fragranza della primavera, il profumo dell’erba – ma anche con le stagioni della vita: gli alpeggi dell’infanzia, gli odori perduti, le fragranze ritrovate. La musica la componiamo da noi, salendo nel silenzio: per me il Monte Bianco è una sinfonia di Beethoven, le Dolomiti sono canzoni di Vasco.
INTRODUZIONE
di Alessandro Gogna
L’ambiente naturale deve essere visitato con discrezione: per così dire, in punta di piedi. Lasciamo ai più intolleranti pensare che la folla porti comunque il rumore: in una chiesa gremita di fedeli non si sente volare una mosca quando tutti ascoltano la propria voce interiore. Così in montagna, anche un numero grande di persone non è sinonimo di frastuono. Per evitare che folla voglia dire rumore, dobbiamo imparare ad aprirci al silenzio e a riconoscerne la voce profonda.
Chi si aggira per i boschi ridendo fragorosamente o facendo il verso a canti popolari e gorgheggi tirolesi in realtà si è staccato così seriamente dalle proprie radici da non poter o non voler più distinguere, come qualche volta i bambini, una gioiosa allegria da una fastidiosa e capricciosa petulanza. Spesso però, con dolore, assistiamo impotenti a urla, schiamazzi, gracchiare di radio e motori, a clacson che impauriscono gli animali e prevaricano coloro che invece cercano la quiete. Sentire nel proprio intimo questa aggressività ignorante e insensibile è soprattutto la denuncia di quanto poco siamo capaci di rispettare noi stessi.
Chi, neppure sulla cima di una montagna o immerso in un luogo solitario, non è capace di raggiungere la calma mentale e rimane prigioniero dell’agitazione, del nervosismo e della confusione che gli caratterizzano la vita in città è ben lontano anche dalla sola ricerca della propria pace interiore; ma pure chi, come noi, si lascia sorprendere a volte da una punta di fastidio per questa gente non è in posizione assai migliore nel lungo cammino verso la serenità: anche il ronzio di un insetto in quelle condizioni ci disturba e ci lasciamo contagiare dallo stesso tipo di aggressività che denunciamo negli altri.
Un ruscello che scorre, un uccello che canta, una roccia che si oppone al vento sono alcune tra le mille voci del silenzio; anche una superficie d’acqua assolutamente immobile e il buio che muore sono voci che vanno dritte al cuore e combinandosi tra loro in infinite variabili ci portano lontano, ci separano gradualmente dai nostri modelli di tutti i giorni. Modelli e schemi conformisti che assomigliano in genere a ritmi musicali o a melodie che sottolineano le scene principali di un film di cassetta. Ma in natura non c’è una colonna sonora che insegua i sentimenti, perché sono i sentimenti stessi a confondersi con la natura e a crearsi un sereno distacco dal film in cui viviamo. Le voci del silenzio ci allontanano da tanti desideri a basso voltaggio e ci riavvicinano a quell’energia a grande differenza di potenziale che proprio loro hanno connaturata: così la realtà ci diventa manifesta con un lampo e il tuono ci sembra rumorosamente superfluo.
Dalle cime abbracciamo con uno sguardo i versanti opposti a quelli per i quali siamo saliti, a volte scorgiamo laghi solitari: siamo nel punto dal quale non si può salire oltre, nella stretta fascia di contatto dove due mondi si aprono e si chiudono l’uno all’altro nello stesso istante. E’ qui che la voce del silenzio diventa assordante, specie se ci tiene compagnia il vento. Come lui, ci sentiamo anche noi portatori di silenzio.