Dolomiti La Montagna sotto le dita

SKU: 9788899106621
Dolomiti. La Montagna sotto le dita

isbn: 9788899106621
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Dolomiti. La Montagna sotto le dita

 

Disegni, acquerelli e matite ritraggono in questo libro le Dolomiti con una elegante delicatezza.
Un alpinista che ha prestato le proprie mani prima alle rocce e poi all’arte. 

 

PREFAZIONE

di Alberto Graia

Un’assenza devi riempirla e se il vuoto è causato da una passione forte, maggiore è questa necessità.

Quando Luigi, per un incidente in montagna, si è visto costretto a fermarsi dalla sua intensa e importante attività di alpinista ha avvertito la necessità di riempire quel vuoto; il foglio bianco vuoto è diventato così la possibilità di ricreare quel mondo fatto di appigli, fessure, spigoli e pareti verticali: quel mondo che toccava, che esplorava e che così bene conosce ora lo ricrea nei suoi disegni.

Nell’assenza sentiamo la mancanza, ma Luigi in questa assenza ha ritrovato qualcosa, un’abilità messa un poco da parte, e che in parte ha sostituito, mettendo gli strumenti del disegnare al posto di quelli dell’arrampicata.

Vi posso assicurare che quando si disegna si diventa un po’ parte di quel disegno, se si parla di una bolla che ci isola quando si scala, lo stesso succede quando si disegna: l’orizzonte percepito è lì, delimitato dalla dimensione del foglio, si sentono i rumori del vento, l’odore di un temporale che sta per arrivare, il crepitio del freddo. Così è per me e, come dico spesso, è per sentire meno quel vuoto.

Arrampico sul foglio per non cadere.

E sono convinto che anche per Luigi sia lo stesso.

 


PREFAZIONE 2
di Davide Scaricabarozzi

Gigi e io non ci siamo mai incontrati.
La sua faccia la conosco solo per via delle foto messe sui social e la voce l’ho sentita per la prima volta nel mese di gennaio 2021, in piena epoca pandemica.
Figurarsi che ero convinto fosse veneto, cosicché quando ho percepito il suo accento romagnolo ravennate sono rimasto spiazzato.
Sì, ma non siamo estranei, ci conosciamo virtualmente (mamma mia che vocabolo orrendo) da almeno 15 anni: prima sui forum dedicati alla nostra comune passione e poi ci siamo ritrovati sulla più nota piattaforma social del pianeta.
Un tempo c’erano gli amici di lettera, e io ho fatto a tempo ad averne, poi sono arrivati quelli del web ed è stato tutto più facile.
Il tempo e lo spazio si sono azzerati, non era più necessario aspettare la risposta alla tua lettera che si portava appresso il conseguente “raffreddamento” del rapporto e la perdita del filo della conversazione.
L’avvento del sincrono, del just in time e del tanto vituperato villaggio globale ha fatto sì che gli scambi epistolari smettessero di essere tali diventando così una costante conversazione senza vuoti, senza interruzioni, come una specie di diario più o meno quotidiano che poteva essere arricchito con immagini, fotografie, scritti e, nel caso di Gigi, condivisione di emozioni e passioni traposte con la matita su un foglio di cartoncino.
Per me che sono del ‘62 del ‘900 questa cosa è ancora strabiliante.

Ora, avere l’onore e il piacere di scrivere una prefazione a un libro – oltretutto di un amico – potrebbe far pensare, che per una questione di educazione e di marketing, si sia costretti alla scontata glorificazione della relativa opera.
Sì, è vero, in genere funziona proprio così per via del gioco delle parti.
Dopotutto perché far scrivere una cosa del genere a un amico che potrebbe pericolosamente rivelarsi un detrattore?
E infatti non detraggo alcunché, ma nemmeno glorifico.
Ed è per questa ragione che ho chiesto a Gigi di mandarmi tutti i suoi disegni, o per lo meno quelli che a lui sembravano più significativi e che sarebbero stati pubblicati su questo libro.
Alcuni di questi li conoscevo per averli visti sui social, molti altri invece mi erano sconosciuti ed era indispensabile osservarli perchè potessi immergermi in essi per sentire quello che poi avrei dovuto scrivere a riguardo.

Noi due apparteniamo a due “scuole” alpinistiche diametralmente opposte: lui è un dolomitista, mentre io sto a occidente tra il granito e il ghiaccio.
E non avete idea quale sia il gap culturale che ci separa; il fil rouge però è sempre quello: l’amore per le montagne.
Non è poca cosa, al punto tale che i divari scompaiono indicando solo l’unica direzione possibile per un alpinista: verso l’alto, guardandosi attorno con lo stesso immutato stupore di chi una montagna la vede per la prima volta.

Guardate che Gigi di roba dura ne ha fatta mica da ridere sui suoi monti pallidi, e io so bene gli schiaffoni che si prendono laggiù nel lontano est.
I quinti dolomitici sono una rogna, per non parlare dei sesti, dell’artificiale... e della chiodatura spesso e volentieri mutevole quanto incerta.
Quindi parliamo di cose serie, lunghe e dove spesso l’aleatorio fa capolino strizzandoti l’occhio.

A questo aggiungo la sua ricerca – quella di Gigi intendo – di vie spesso dimenticate o infognate in posti remoti e altrettanto poco frequentati.

Quindi avere la fortuna di possedere un significativo talento figurativo associato a una lunga pratica alpinistica non poteva che generare l’equazione perfetta che consentisse di trasporre il tutto su due dimensioni facendocene sognare una terza.
In altri termini, guardando le sue matite è come essere lì, sotto quelle montagne immaginandosi di esserci nel mezzo.
Scusate, ma non è come dirlo.
Certo, i suoi disegni spaziano dal Bianco alla Civetta – la sua montagna più amata – ed è proprio su quei poderosi antichi scogli dell’est che l’amore diventa un tratto di matita perfetto e ti scaglia addosso come un treno in corsa tutto il sentimento vero che sta dietro una vita di passione.

Anni di amorevole e ruvida mineralità calcarea sulla punta delle dita sono scivolati sulla grafite.
Un meraviglioso percorso virtuoso… da una punta all’altra.