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Documentario Monte Piana

ViviDolomiti è media partner di Stefano Crivellari (già autore delle edizioni con il libro dolomiti photo) e del suo documentario di montagna sul Monte Piana.

 

 

Monte Piana from Stefano Crivellari on Vimeo.

 

Terra densa di vicende, di guerra e alpinismo, quella del Monte Piana.

Ce lo spiega così Alberto Gottardo:
Sono passati ormai cento anni dalle storie del fronte di guerra. Storie di soldati in battaglia
contro altri soldati, contro il freddo dell'inverno, la fame, le malattie e le infezioni, contro le
slavine e le tempeste di neve e ghiaccio. Sul Monte Piana, parte del massiccio delle Dolomiti di
Sesto, tutto questo è rimasto, pressoché intatto, nei baraccamenti, gallerie e trincee sepolte dai
detriti. Il sito si presenta come un altipiano di medie estensioni, dalle caratteristiche geografiche
molto differenti, rispetto al contesto puramente dolomitico di cime e roccia esposta, del quale è
circondato. L'altipiano è diviso in due parti, Monte Piana (parte italiana) e Monte Piano (parte
austo-ungarica), separate da una sella chiamata Forcella dei castrati. Questa conformazione del
terreno di battaglia rappresentava una caratteristica ideale per il confronto tra i due eserciti. Dopo
due anni, e due inverni incredibilmente freddi, nonostante la superiorità numerica dell'esercito
italiano, non fu possibile raggiungere e occupare le postazioni austriache, sia per errori tattici sia
per una guerra insolita e nuova, combattuta in alta montagna. La montagna fu abbandonata in
una notte, e tutto fu lasciato li: armi, munizioni, oggetti militari e personali, vestiti, viveri e più di
14.000 anime.
Oggi, all'arrivo dell'estate, il "Gruppo Volontari Amici del Monte Piana" si prepara per una nuova
sessione di lavori di manutenzione del Museo Storico, istituito proprio sul luogo delle aspre
battaglie che coinvolsero l'Italia nella Prima Guerra Mondiale. Il lavoro consiste nel recupero
di nuovi tratti di trincea, e nella pulizia e manutenzione delle sezioni di trincea recuperate negli
anni precedenti. L'obiettivo è di creare un percorso storico-turistico fruibile dall'escursionista di
montagna, in uno dei luoghi chiave della Grande Guerra, simbolo storico e naturale, in modo da
contribuire alla memoria e al ricordo di una parte di storia importante per l'umanità. Il gruppo è
formato da una ventina di volontari, sotto la coordinazione tecnica di Alberto e Fabrizio Gottardo,
padovani, nipoti di due combattenti del Col di Lana e del Carso, che ricevettero nel 1983 il
compito di continuare la gestione dei lavori, dal colonnello austriaco Walther Shaumann che
istituì per la prima volta il Museo all'Aperto del Monte Piana nel 1977.
Questo video documentario, diretto e girato da Stefano Crivellari, uno dei volontari, vuole
raccontare la storia di questo gruppo e la vita del campo, che oltre al lavoro è costellata di
attività sportive, ricreative e sociali. Le due settimane come volontari al Monte Piana hanno per
molti un valore affettivo ormai irrinunciabile. Il contesto naturale e storico suscita nell'animo di
chi vi partecipa emozioni uniche, al punto in cui ci si rende conto veramente delle anomalie e
distorsioni di una tipica vita urbana. La logistica del campo riceve supporto dall'esercito Alpino,
il quale mette a disposizione trasporto di materiali e tende comuni. Non manca niente al campo,
ma ci si abitua a un modo di vita molto più semplice, che per quanto sia privo di complicazioni
che spesso confondiamo come comfort, al ritorno in città si subisce inevitabilmente una
sensazione di dissonanza impossibile da ignorare, ma consapevoli che si tratti di un'emozione
positiva, una testimonianza di quanto si sia appena diventati delle persone migliori.
Dall'articolo scritto da Alberto Gottardo in occasione del trentesimo anniversario de "Il Museo
Storico all'Aperto della Grande Guerra del Monte Piana 1983-2013"
"In realtà già dal 1977 al 1982 gli "Amici delle Dolomiti", coordinati dal prof. Walther Schaumann,
avevano abbozzato un grande progetto sul monte, che fu teatro di aspri combattimenti, ma più
ancora, di lotta alla sopravvivenza dal maggio 1915 all'ottobre 1917.
Dopo il terremoto friulano del 1976, l'allora 4° Corpo d'Armata Alpino aveva sostenuto
logisticamente per sei estati il gruppo austriaco, che accoglieva volontari da tutta Europa, per
realizzare il primo museo all'aperto che proponeva un itinerario storico tra trincee, baraccamenti
e gallerie su quel monte dove morirono 14.000 soldati tra italiani ed austriaci, in una logorante
guerra di posizione, per il possesso di quel baluardo sovrastante le valli Popena, Landro e
Rienza, vie d'accesso alla Pusteria, considerata importante via di alimentazione dell'esercito
austro-ungarico, verso tutto l'Alto Adige.
Nel 1982 alcuni volontari italiani chiesero ed ottennero dall'allora Fondazione Monte Piana,
affiliata all'Ass. Combattenti e Reduci di Treviso, di occuparsi, oltre che della cura dei monumenti
di guerra presenti sul posto e delle celebrazioni per il ricordo dei caduti, anche di manutenzionare
annualmente ciò che il Gruppo precedente aveva ristrutturato in quegli anni: arditi sentieri di
guerra attrezzati sulle cenge settentrionali e meridionali del monte; un generale ripristino della
viabilità di guerra, partendo dalle valli sottostanti, rivalutando sentieri che anche dal punto di vista
paesaggistico lasciano a bocca aperta per la loro bellezza; la messa in sicurezza di caverne e
gallerie e la pulizia dai detriti di alcuni tratti di trincee e ricoveri, sia sul versante Sud, italiano, che
in quello Nord, austriaco.
Appassionati da sempre della storia della guerra sulle nostre montagne, i gemelli Alberto e
Fabrizio Gottardo, padovani, nipoti di due combattenti del Col di Lana e del Carso, non avrebbero
sopportato che tutto il lavoro fatto sul Piana degradasse ancora solo perché il gruppo con cui
avevano collaborato cambiava zona, così nel 1983 cominciarono, con alcuni amici, a trascorrere
le loro ferie d'agosto, non solo a manutenzionare le vecchie trincee già pulite, ma a ripristinarne il
proseguo verso altre posizioni, così da collegare i camminamenti principali ai resti delle baracche;
le postazioni d'arma ai depositi e le gallerie d'approccio agli osservatori.
Dal 1984 le Truppe Alpine ripresero a fornire un indispensabile sostegno logistico ai volontari,
che aumentavano sensibilmente di anno in anno. Ogni giorno, durante le prime due settimane di
agosto, finché c'era la leva, un mezzo con due alpini lasciava di buon mattino la caserma di San
Candido, per raggiungere il campo in cima a Monte Piana (2.325 m.), per portare viveri ed acqua
(lassù non ci sono sorgenti) ed aumentare la forza lavoro. Ricordiamo anche che il gruppo vive
da sempre autofinanziandosi per quanto riguarda l'approvvigionamento dei viveri, dei materiali e
la stampa delle guide che distribuisce ai visitatori.
Per quei 15 giorni di attività si è sempre vissuto nelle tende militari in modo spartano, ma
l'organizzazione è costantemente migliorata negli anni. Terminata la leva obbligatoria, il
Comando Truppe Alpine ha generosamente continuato a sostenere il gruppo di volontari,
cedendo in via definitiva materiali vari per l'allestimento del campo e prestando ad ogni
stagione lavorativa una grande tenda-refettorio che tuttora accoglie la trentina di persone che si
avvicendano nel periodo in cui il cantiere è aperto.
Da ventenni che erano i due fratelli Gottardo quando aderirono al gruppo di Schaumann, ora
sono sostenuti nella loro opera dai rispettivi figli che vivono questa esperienza sempre con
rinnovato entusiasmo.
In trent'anni la neo-ricostituita "Associazione Amici del Monte Piana" ne ha fatta di strada con
badile e piccone: sono state ripristinate praticamente tutte le principali posizioni di interesse
storico della prima e seconda linea italiana e da parte austriaca si sta valorizzando da tre anni il
sistema di avamposti che fronteggiavano quelli del nemico ad una distanza minima di 25 metri.
Si è così creato un vero museo a cielo aperto, con itinerari che possono soddisfare tutti i
numerosi visitatori che ogni estate affluiscono su questa montagna.
Anche da parte delle istituzioni è sempre più evidente l'interessamento per questa realtà che
stimola il turismo nel territorio ed il risultato è un concreto sostegno al Gruppo.
L'Ufficio Parchi Naturali di Monguelfo ha promosso il rinnovamento della segnaletica nell'area del
museo all'aperto, realizzando, inoltre, delle ortofoto esplicative, con evidenziati i percorsi possibili.
Il Comune di Auronzo di Cadore, nella cui giurisdizione è per i 2/3 il territorio del M. Piana, ha
sempre dimostrato sensibilità nell'aiutare l'Associazione ed ormai basta una semplice telefonata
per ricevere materiale da cantiere, indispensabile per mettere in sicurezza certe zone. D'altronde
gli anni passano e quello che è stato fatto trent'anni fa, usando legname, ha bisogno di continua
manutenzione.
Nell'agosto 2012, trentesima stagione di effettivo lavoro del gruppo, credo sia arrivata la più
bella gratificazione per il nostro costante impegno. Il 6° Reggimento Alpini di Brunico, che è
poi il reparto che in questi anni ci ha sostenuto, ha voluto trascorrere una giornata con noi,
all'insegna della memoria, risalendo dai sentieri principali che percorrevano i soldati durante
la guerra. Dopo l'alzabandiera, il Comandante del 6°, il Colonnello Luigi Rossi, ha lasciato la
parola al coordinatore del Gruppo di lavoro Alberto Gottardo, alpino della Sezione di Padova,
per un inquadramento storico, che ha evidenziato come fossero distribuite sul monte, durante
la guerra, le forze che si fronteggiavano. Ci si è poi divisi in gruppi, per percorrere vari itinerari
lungo le trincee, fino all'ora del rancio, consumato sul posto, coinvolgendo anche i numerosi
turisti presenti. La consegna del crest del Reparto e la promessa per gli anni futuri a mantenere
l'impegno di collaborazione, hanno suggellato l'indimenticabile giornata. Poi le compagnie sono
ridiscese a valle, in marcia, così com'erano salite.
Un bilancio senz'altro positivo, dunque, in questo anniversario; risultato di un costante impegno
di gente accomunata da tanta passione per la montagna e rispetto per chi visse soffrendo quegli
anni tragici della storia italiana."
Alberto Gottardo sez. Padova