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Neve e valanghe 2 - Le Piccole Dolomiti

Neve e valanghe 2 - Le Piccole Dolomiti

di Davide Dalla Libera

CLIMA DELLE PICCOLE DOLOMITI
Il clima delle piccole Dolomiti risulta essere tra i più piovosi del Nord Italia grazie alla conformazione ad “arco” dei vari gruppi montuosi prevalentemente esposti alle correnti umide provenienti da sud/sudest. Tali correnti incontrano proprio come primo ostacolo queste montagne che seppur non elevate consentono un buon ostacolo orografico su cui condensare umidità e rilasciarla al suolo sottoforma di precipitazione. In media nella zona del recoarese cadono circa 2000 mm di precipitazioni annua (tabella o mappa da allegare, il pdf)
Pertanto anche le precipitazioni nevose risultano, a parità di quota, mediamente superiori a molti altri settori Alpini. Di contro, la quota relativamente bassa (le cime non superano i 2200 metri) non consentono all’innevamento di durare fino a tarda stagione. L’accumulo massimo di neve al suolo mediamente si registra tra fine febbraio e la prima metà del mese di marzo.
" attenzione , acqua alta a Venezia!
Vien subito da pensare di aver sbagliato pubblicazione, ma allo scialpinista attento ai fenomeni meteo soprattutto autunnali/primaverili, quando maggiore è l'aspettativa di veder imbiancare i monti, non può sfuggire la stretta relazione tra il fenomeno dell'acqua alta in Laguna e le abbondanti precipitazioni sui monti dell'Alto Vicentino.. precipitazioni che diventano l'agognata neve se incrociano basse temperature, oppure rimangono pioggia, per lo sconforto dello scialpinista."

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NEVE:
I cristalli di neve subiscono delle trasformazioni già durante la caduta a causa delle variazioni di temperatura e umidità dell’aria che attraversano. Una volta giunti al suolo i cristalli iniziano delle nuove trasformazioni le quali vanno ad influire anche sulla stabilità del manto nevoso. La forma dei cristalli dipende da molti fattori tra i quali la temperatura, il vento ed effetti orografici.
La densità della neve può variare dai 20 ai 300 kg/m3. Mediamente la neve fresca ha una densità compresa tra i 60 e i 120 kg/m3 mentre la neve bagnata così come la neve “pressata” dal vento può raggiungere o superare i 300 kg/m3

VENTO
Fattore molto importante spesso determinante per quanto riguarda le escursioni in montagna specie in alta quota. Il vento è il responsabile, nel periodo invernale, di notevoli accumuli di neve non solo durante le nevicate ma anche una volta che la neve si è depositata al suolo condizionando così in maniera importante il pericolo valanghe. Inoltre il vento condiziona in modo considerevole l’ effetto del freddo che l’individuo sente sulla propria pelle (effetto wind chill). In sostanza più il vento soffia forte e maggiore è la dispersione di calore del corpo esposto al vento, dunque la sensazione di freddo. Pertanto se i
n estate tale effetto risulta assai gradevole e piacevole in inverno le basse temperature condite da vento molto forte possono comportare situazioni di pericolo per il corpo umano esposto. Basti pensare, come si nota dalla tabella, che si raggiungono valori percepiti di temperatura molto bassi anche quando la temperatura dell’aria non è poi così estrema: con una temperatura di 0 gradi ed una velocità del vento di circa 15 km/h il corpo avverte una temperatura di -7 °C.
Ulteriore disagio per il corpo umano se a queste condizioni si aggiunge un elevato tasso di umidità dell’aria.

ZERO TERMICO
Il livello dello zero termico è la quota al di sotto della quale la temperatura dell’aria passa da valori negativi a valori positivi. Se lo strato d’ aria tra nube e suolo è interamente sotto lo zero, ovvero lo zero termico è al suolo, il fiocco di neve riuscirà sicuramente toccare terra. Se invece la quota dello zero termico è superiore ai 1000 metri, ovvero lo strato compreso tra i 1000 metri di quota ed il suolo si trova a temperatura positiva, quasi sicuramente il fiocco di neve si trasforma in pioggia prima di raggiungere il suolo.
E’ facile capire quindi che lo ZERO TERMICO è un fattore determinante per il limite delle nevicate. Generalmente la neve cade fino a 400 metri al di sotto del livello dello zero termico ma non sempre è così, specie in montagna. Difatti il limite delle nevicate dipende, oltre che dallo zero termico, anche dall’ intensità delle precipitazioni e dall’ orografia. Più intensa è la precipitazione e più la quota neve scende (sempre rispetto al livello dello zero termico), con precipitazioni moderate o forti fino a 600-800 metri al di sotto dello zero termico, ed in alcune condizioni anche ad una quota inferiore di 1000 metri!
Determinante anche l’orografia: se ci troviamo all’interno di valli, a parità di zero termico ed intensità di precipitazione nelle vallate strette la quota neve sarà più bassa rispetto alle vallate larghe. Questo perché durante la precipitazione, all’interno di una valle stretta il volume di aria da raffreddare che trova la neve in caduta è minore rispetto al volume d’aria che si trova nelle vallate larghe. Pertanto, durante la precipitazione il volume d’aria sottostante il limite neve tende a raffreddarsi facendo così scendere il limite della nevicata. (vedi figure sotto-fonte Arpa Piemonte).

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INVERSIONE TERMICA
Per i frequentatori della montagna specie durante la stagione invernale non è certo una gran scoperta sentirsi dire che fa più caldo sulla cima rispetto che sul fondovalle. Questo fenomeno, assai frequente in montagna viene chiamato Inversione termica. Ovvero la temperatura salendo di quota non diminuisce ma aumenta. (generalmente, in condizioni standard la temperatura caldi di circa 6,5 °C ogni 1000 metri di quota) E’ caratteristica generale del periodo invernale specie nelle valli dove l’aria fredda ristagna e si accumula nel fondovalle durante i periodi di tempo stabile. Dunque, al di là dei concetti fisici che portano alla formazione dell’inversione termica, è bene tener presente che se siamo in condizioni di inversione termica significa, generalmente, che il tempo è stabile. Talvolta le condizioni di inversione termica possono risultare estreme, con temperature anche molto al di sotto dello zero nei fondovalle mentre sulle cime e sui versanti valori ben superiori allo zero.
Si possono considerare due tipi di inversione:
L ‘inversione termica in quota: si forma grazie all’arrivo di un fronte, che apporta aria più calda che scorre sopra a quella più fredda preesistente.
L’inversione termica al suolo: si forma generalmente per irraggiamento notturno ovvero perdita di calore del terreno durante le ore notturne in condizioni di alta pressione e vento molto debole.
Le inversioni sostanzialmente sono degli strati che frenano o bloccano il rimescolamento verticale dell’aria.
Spesso è semplice da riconoscere visivamente poiché al di sotto del limite dell’inversione l’aria è fosca, caliginosa o nebbiosa mentre al di sopra è limpida con ottima visibilità. (in figura, strato di inversione visibile dalla nebbia/foschia)

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LETTURA ED INTERPRETAZIONE DEI BOLLETTINI NIVOLOGICI
Strumento indispensabile per una corretta programmazione di escursioni su terreno innevato è sicuramente il bollettino nivologico. Esso fornisce una sintesi di quello che è accaduto al manto nevoso, e che probabilmente accadrà al manto nevoso.
Il bollettino nivologico è un bollettino di pericolo, non di rischio. Il bollettino nivologico è un bollettino di pericolo ad indicazione regionale e non puntuale. Dove è possibile viene data una indicazione sulla localizzazione delle zone più pericolose Nel bollettino nivologico il grado di pericolo è correlato alla stabilità del manto nevoso Nel bollettino nivologico ogni parola ha un significato preciso e spesso numerico

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I gradi di pericolo sono così definiti:
• Grado 1: generale buon consolidamento e stabilità ma non si escludono pochissimi o isolati siti pericolosi
• Grado 2: consolidamento moderato e localizzato: i siti pericolosi sono localizzati e, in genere, richiedono carichi importanti per dare luogo a valanghe ma non si escludono isolate condizioni di debole consolidamento
• Grado 3: consolidamento moderato su molti pendii (situazione già molto importante!), consolidamento debole su alcuni pendii localizzati
• Grado 4: debole consolidamento sulla maggior parte dei pendii ripidi
• Grado 5: il manto nevoso è in generale debolmente consolidato e instabile anche su pendii a moderata pendenza

I pendii ripidi sono così definiti:
• pendio poco (moderatamente) ripido = meno di 30° di inclinazione
• pendio ripido = inclinazione da 30° a 35°
• pendio molto ripido = inclinazione da 35° a 40°
pendio estremamente ripido = più di 40° di inclinazione

Probabilità di distacco, che dipende direttamente dal consolidamento, tende a quantificare statisticamente i pendii pericolosi e viene così suddivisa:
• su pochissimi (= isolati) pendii ripidi estremi, pari a meno del 10% dei pendii ripidi; è questo il caso generale del grado 1 ma riguarda anche le situazioni di eventuale debole consolidamento del grado 2;
• su alcuni (localizzati) pendii ripidi (dal 10 al 30% dei pendii ripidi), indicati nel bollettino, con un consolidamento generalmente moderato ma, come prima si è visto, non si esclude la presenza di siti, estremamente localizzati (isolati), con consolidamento debole, particolarmente sottolineati nel bollettino (grado 2)
• su molti pendii ripidi (già più del 30% dei pendii) dei quali la maggior parte ha consolidamento moderato mentre alcuni, indicati, presentano consolidamento debole (grado 3)
• su molti pendii ripidi (già più del 30% dei pendii) con debole consolidamento (grado 4)
• sulla maggior parte dei pendii ripidi (più del 66% = 2/3 dei pendii), con estensione anche a quelli moderatamente ripidi (grado 5)

Gli eventi probabilistici sono così definiti:
• evento possibile: evento con probabilità di verificarsi inferiore al 66% (limite dei 2/3)
• evento probabile: evento con probabilità di verificarsi superiore al 66% (più di 2/3)

In caso di incidente:
Dando per scontata la dotazione personale di Artva/Pala/Sonda, Fondamentale è attuare immediatamente una studiata ed allenata procedura di autosoccorso e, contemporaneamente, attivare il Soccorso Alpino ai seguenti numeri:
118 per Veneto
112 per Trentino

Link utili: previsione meteo e valanghe al sito di ARPA Veneto dove si trovano bollettini specifici per le dolomiti e le Prealpi venete e il relativo bollettino del pericolo valanghe
http://www.arpa.veneto.it/previsioni/it/html/meteo_dolomiti.php
http://www.arpa.veneto.it/neve_valanghe/it/html/index.php
http://web.cnsas.veneto.it/
http://www.soccorsoalpinotrentino.it/

Una raccolta dei bollettini regionali relativi al pericolo valanghe si trova sul sito dell’ AINEVA (Associazione interregionale neve a valanghe) http://www.aineva.it/

Itinerari al fronte - intervista televisiva

 

Qui l'intervista a Mario Peghini per "Girovagando in Trentino". Autore e curatore di numerosi saggi, si è recentemente cimentato in una lunga traversata del fronte di montagna. Ne è nata una guida storico-escursionistica che unisce la passione per la ricerca archivistica al piacere di camminare nel grande museo a cielo aperto costruito dalla Grande Guerra.
L'escursione presentata nel servizio, uno dei 70 itinerari presenti nella guida, raggiunge il Monte Vignola, sul Monte Baldo ed offre lo spunto per descrivere il lavoro di costruzione dei collegamenti tra il fondovalle e le prime linee, e per approfondire alcuni risvolti sociali del conflitto, come la distruzione degli alpeggi a cui era legata l'economia delle famiglie contadine. 

 

Clicca sull'immagine seguente per andare alla pagina di anteprima del volume: 

COPpeghini vividolomiti web

The Moonwalk

L'abbiamo conosciuto come il passo di M. J,, cantautore ispiratosi per l'occasione ad Amstrong astronauta.

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Qui vogliamo ricordare un grande e controverso alpinista statunitense, in questo bellissimo video. La highline di Dean Potter sul Cathedral Peak in Yosemite, immortalato da Mikey Schaefer per la rivista National Geographic il 12 luglio 2011 alle 8:16 di sera, a quasi 2 km di distanza con un'obiettivo 800mm f/5.6 e moltiplicatore di focale 2X.

 

Canale d'aiuto diretto per il Nepal

Attenzione tutti: finalmente possiamo condividere questo importantissimo annuncio. Qui sotto trovate il modo di contribuire anche voi alla preziosissima ed importante raccolta di fondi per aiutare la sfortunata popolazione del Nepal, tramite oltretutto un canale affidabile e sicuro come l'Ambulatorio De Marchi presente in Nepal ormai da qualche anno. Con loro abbiamo dato vita alcuni anni fa al libro di ViviDolomiti Edizioni a 100% beneficenza Kirtipur. Diario dall'ambulatorio Giuliano de Marchi.. I medici che vanno via sono due pensionati bellunesi: dr. Paolo Grosso e dr. Mauro Ciotti, attivi da anni nel "volontariato diretto". Sono tante le persone, amici e conoscenti ma non solo, che ci hanno chiesto negli ultimi giorni a chi affidare i loro aiuti e come fare. Questo è sicuramente un canale diretto e serio per poter contribuire anche da lontano ad aiutare il meraviglioso popolo del Nepal. Ora hanno bisogno di noi e noi abbiamo il dovere e l'onore di esserci, di aiutare.

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"Carissimi amici tutti,
come sapete insieme ad altri volontari mi occupo di un ambulatorio in Nepal.
Quello che è successo in quella povera nazione va oltre ogni immaginazione: sono stati coinvolte circa 6 milioni di persone, 490 mila bambini; se i morti (attualmente) sono circa 4000 i feriti non si contano.
Io e l'ortopedico Mauro Ciotti stiamo aspettando un volo per raggiungere il Nepal: vorremmo infatti dare il nostro piccolo contributo utilizzando le nostre strutture (ambulatorio e scuola ) che essendo state costruite, con preveggenza, con elevati standard antisismici sono perfettamente integre. Nostra intenzione ( naturalmente da verificare in loco ) sarebbe di creare spazi per accogliere feriti che non necessitano di cure ospedaliere particolari, tenere in osservazione eventuali operati, mantenere una attività di accoglienza / smistamento e accogliere persone senzatetto a rischio ( bambini e vecchi).
Infatti sia per il persistere di scosse molto forti, sia per la paura, gran parte della popolazione di Kathmandu sta dormendo all'aperto e il periodo anche se non eccessivamente freddo è piovoso. Hanno bisogno dunque in modo urgente di TENDE, COPERTE, MATERASSINI che si possono anche reperire in loco, ma solo pagando ! Altro problema che , come sempre in questi casi, si sta presentando è la diffusione di malattie infettive potenzialmente gravi specie intestinali; ma anche l'ACQUA sterile ha il suo costo !
Quando saremo in Nepal , cercheremo per quanto possibile di aggiornarvi attraverso le pagine del BLOG; tenete sott'occhio www.ambulatoriodemarchi.it
Se qualcuno ha intenzione di fare anche solo una piccola offerta, vi consiglieremmo di utilizzare i nostri canali perchè siamo sicuri (e avremo la possibilità di controllare da vicino) di come verrà gestita direttamente dalla municipalità di Kirtipur.

Per rirferimenti consultare il sito dell' ambulatorio De Marchi

Un grazie di cuore da parte dei nepalesi che state aiutando. Paolo Grosso"

 

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Neve e valanghe

Chi frequenta la montagna invernale è ben consapevole dell'importanza di conoscere questi due argomenti: la loro complessità richiede studio e pratica continui. Qui si vogliono dare degli spunti di riflessione e degli stimoli per mantenere, durante l'attività, sempre un attento controllo dell'ambiente, associato necessariamente ad un elevato spirito critico. Si è così deciso di proporre due argomenti poco conosciuti, o poco considerati, che riguardano la percezione del pericolo.

Preconcetti e false certezze

È più difficile distruggere un pregiudizio che non un atomo. (A. Einstein)

Con poca neve non c'è pericolo
Falso! In un manto nevoso poco spesso, in caso di basse temperature, è favorito il gradiente termico e quindi la formazione di strati deboli di cristalli sfaccettati o brina di fondo; inoltre, strati dedoli che si trovano a poca profondità sono più facilmente interessati dalle sollecitazioni esterne (sovraccarico) Se c'è stato vento, poca neve in un punto può significare accumuli in altre zone.

Fa freddo da molti giorni, perciò la neve resta stabile
Falso! Il freddo persistente, specie sui versanti in ombra, favorisce il metamorfismo costruttivo e quindi la formazione di strati deboli di cristalli sfaccettati o brina di fondo. Il freddo rallenta inoltre i processi di consolidamento del manto nevoso..

Ci sono delle tracce di salita quindi posso tranquillamente scendere sciando
Falso! Le sollecitazioni prodotte sul manto nevoso dipendono dal peso dello sciatore e dai "fattori di moltiplicazione" in base al tipo di azione: significa che, assumendo pari ad uno il peso di una persona in salita, il peso raddoppia durante le inversioni, quadruplica durante la discesa e diventa otto volte tanto (!) in caso di caduta.

È sceso il compagno, quindi il pendio è stabile
Falso! Una valanga non si stacca necessariamente al passaggio del primo sciatore; un lastrone può reggere il peso di una persona al primo passaggio ma non a quelli successivi. Ogni sciatore, con il proprio passaggio, può infatti compromettere la stabilità fino alla rottura.

Nel bosco non c'è pericolo
Falso! Solo un bosco fitto offre una relativa sicurezza, anche se non può fermare una valanga staccatasi più in alto; il bosco rado al limite superiore della vegetazione forestale, così come le radure nel bosco fitto, non danno garanzie di sicurezza in quanto, in questi ambiti, il manto nevoso presenta caratteristiche simili a quelle dei pendii aperti.

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Sequenza di istanti. Valanga su pendio già disceso da altri sciatori (foto gentile concessione arch. M. Zanon, "Scialpinismo in Alpago")

Fattore umano

Un'ipotesi, una volta prestabilita, ci dà una vista d'aquila per notare tutto ciò che la conferma, ma ci rende ciechi per tutto quello che la contraddice. (A. Schopenauer)

Eccesso di determinazione o di sicurezza
La determinazione, in montagna come nella vita, è una molla fondamentale per raggiungere un obiettivo.
L'eccesso di determinazione può però portare a trascurare o sottovalutare quei fattori negativi che potrebbero impedire il raggiungimento dell'obiettivo. Esempio: neve con segnali di allarme, cambiamenti del tempo, eccessivo riscaldamento, zone con pericoli oggettivi, stanchezza. Questo avviene tanto più quanto più si è vicini alla meta (quante valanghe proprio sotto la vetta o la forcella...). In questo fattore rientra anche la cosiddetta sindrome del lupo: l'eccesso di determinazione come anche l'eccesso di competizione porta qualcuno a voler essere sempre in testa, ad arrivare o sciare il pendio per primo, ecc., perdendo di vista la sicurezza.


Eccesso di paura
È chiaramente meno pericoloso fino a che impedisce alla persona di mettersi in una situazione di pericolo (= prevenzione), ma può diventare rischiosa quando una persona, in una situazione difficile, vuole rientrare al più presto in un posto sicuro: sindrome del cavallo. La paura e la fretta possono infatti portare a scarsa valutazione dei pericoli e a decisioni affrettate, spesso non corrette.

Eccesso di familiarità
Dà sempre una falsa impressione di maggior sicurezza. Può riguardare un'eccessiva familiarità con il terreno (es. percorso conosciuto) o con situazioni già vissute (progressione con nebbia o buio o in ghiacciaio) o con manovre ormai ripetute quasi automaticamente (es. nodi per calata). La minor attenzione in questo caso è causa di un rischio più elevato.

Eccesso di apprendimento negativo
Le esperienze drammatiche o negative hanno un effetto positivo sull'apprendimento perché aumentano il bagaglio di conoscenze. Sarebbe importante sapere quante volte si arriva vicino ad una situazione pericolosa nonostante tutto sia andato per il meglio. La falsa convinzione che non ci siano rischi, soltanto perché l'evento non si è verificato, si può combattere solo valutando sempre criticamente anche le uscite facili, o che si sono svolte senza problemi, cercando di capire se e quanto rischio si è corso e il perché.

Istinto gregario o effetto gregge
In gruppo ci si sente, a volte falsamente, più forti e sicuri; questo risulta più comodo perché non si devono prendere e valutare le decisioni, ma in questo modo si riduce lo spirito critico, e ci si lascia influenzare da decisioni altrui. Per di più, un errore in gruppo, può portare a conseguenze più drammatiche.

Percezioni psicologiche alterate
Rientrano in queste l'aspetto caratteriale e lo stato d'animo della persona in quel determinato momento, la necessità di apprezzamento e riconoscimento sociale, la presenza di molti esperti in un gruppo, l'euforia, ecc. Indossare un'attrezzatura adeguata, o dispostivi di sicurezza (ad esempio l'ARTVA), può dare un senso di falsa sicurezza.

Percezioni - illusioni ambientali
Sono quelle legate a condizioni fisiche. Lo stesso pendio dà sensazioni di sicurezza differenti a seconda delle condizioni metereologiche o ambientali: un pendio al sole, non troppo aperto, con la presenza di alberi o di tracce, ecc. dà un'impressione di maggior sicurezza rispetto allo stesso pendio in ombra, con nebbia, vento, senza ostacoli, ecc.

Testo riadattato a cura di Francesco Vascellari e Paolo Grosso da un articolo scientifico di Anselmo Cagnati, esperto di nivologia operante presso il Centro Valanghe di Arabba. La sezione False Certezze è ispirata alle pubblicazioni del CAI a riguardo, semplificate in prefazione al testo: Scuola Carnica di Alpinismo e Scialpinismo "Cirillo Floreanini", Scialpinismo in Carnia, InMont Edizioni 2010. La fonte della sezione Fattore Umano è: La percezione del pericolo di valanghe nello scialpinismo, Le Alpi Venete, Anno LXII, n.2, 175-178. Anche gli aforismi pertinenti sono trascritti da questa pubblicazione.
Link utili: previsione meteo e valanghe al sito di ARPA Veneto dove si trovano bollettini specifici per le dolomiti e le Prealpi venete e il relativo bollettino del pericolo valanghe
http://www.arpa.veneto.it/previsioni/it/html/meteo_dolomiti.php
http://www.arpa.veneto.it/neve_valanghe/it/html/index.php
http://web.cnsas.veneto.it/
http://www.soccorsoalpinotrentino.it/
Meteo trentino qui: https://content.meteotrentino.it/m/albinafe/valanghe.aspx

Una raccolta dei bollettini regionali relativi al pericolo valanghe si trova sul sito dell’ AINEVA (Associazione interregionale neve a valanghe) http://www.aineva.it/

Brave New Orwell

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SORVEGLIATI E CONTENTI Orwell non lo aveva previsto

Un uomo lungimirante, questo Eric Blair, meglio noto con lo pseudonimo di George Orwell. Uno che di regimi totalitari se ne intendeva, assai prima che il termine entrasse a far parte del lessico degli storici. Uno che nel 1943, quando Stalin, Churchill e Roosevelt si incontravano a Teheran, già vedeva profilarsi l'antagonismo tra le superpotenze e la guerra fredda.

Qualche anno dopo la Seconda guerra mondiale Orwell pubblicò il suo più celebre romanzo, 1984. Il futuro che vedeva all'orizzonte non gli piaceva. Dipinse il panorama infernale di un regno del terrore nel bel mezzo dell'Europa, che in un futuro non lontano avrebbe perfezionato i metodi di Stalin e di Hitler: un partito unico ai comandi di un "Grande Fratello"; una "neolingua" ideata per capovolgere il significato delle parole; l'abolizione della sfera privata; un regime di sorveglianza a 360 gradi, rieducazione e lavaggio del cervello dell'intera popolazione, e infine un'onnipotente polizia segreta per soffocare sul nascere qualunque tentativo di opposizione, con la tortura, i campi di concentramento e l'assassinio.

Fortunatamente quella profezia non si è avverata, almeno per quanto attiene alla nostra parte del globo: con essa George Orwell ha ingannato sia noi che se stesso.

Ma non avrebbe immaginato neppure in sogno che per ottenere almeno in parte quel risultato - e in particolare un sistema di sorveglianza a tutto campo - non c'era bisogno di una dittatura. Si poteva raggiungerlo anche all'interno di un sistema democratico, senza l'uso della violenza, con metodi civili, se non addirittura pacifisti. Più di quattro secoli fa un giovane francese, Etienne de la Boétie, aveva già incominciato a riflettere su questo tema: nel suo Discorso sulla servitù volontaria, non pago di mettere alla berlina i despoti assoluti del suo tempo, l'autore si rivolgeva soprattutto alle coscienze di chi si adattava alla tirannide: «Sono gli stessi popoli - scriveva - a subire questa piaga, o anzi a farsi male da sé; se solo cessassero di sottomettersi alla servitù, sarebbero liberi. Il popolo si assoggetta, accondiscende alla sua miseria, o addirittura la insegue... Non crediate che un uccello si lasci impaniare, né che un pesce abbocchi all'amo con più facilità di un popolo pronto a farsi allettare dalla servitù, per poco che gli si spalmi un po' di miele in bocca».

Di fatto però, già da tempo non abbiamo più a che fare con la figura del monarca unico, personalmente identificabile e attaccabile, contro cui insorgeva Etienne de la Boétie. E neppure subiamo, come nel libro di Orwell, la tirannia di un Grande Fratello, ma piuttosto il dominio di un sistema simile a quello descritto da Max Weber negli anni Venti del secolo scorso.

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NUOVA VIA NEL GRUPPO DEL CRIDOLA

VIA NUOVA SUI CONTRAFFORTI DEL CRIDOLA

Via "Dalla Via!", Il Monaco e S.Grosso, 28 marzo 2012 

disl. 270m - svil. 300m - diff. IV+/V-, alcuni passaggi V, roccia ottima  

tracciato cridola

Cridola Via Nuova

La via è la più continua del settore, senza passaggi banali né tratti oltre il quinto grado. L’intero tracciato si svolge vicino alla fessura-diedro che delimita a sinistra il settore, ad una quindicina di metri dal colatoio principale (via Dino e Maria).

Alcuni metri presentano roccia buona ma da ripulire, alternati a placche di roccia eccellente. E’ un’ottima alternativa al grande colatoio quando si presenta bagnato. 

  • Circa quindici metri a sinistra del grande colatoio si rimonta facilmente un pilastrino appoggiato (III) e si risalgono subito delle meravigliose placche compatte (IV-) puntando a uno strapiombetto che si supera a destra (IV+, più proteggibile, chiodo) o a sinistra (IV), superatolo si segue ancora qualche metro in placca fino a una scomoda sosta in vista della vicina sosta del colatoio (45m, III, IV-, IV+).
  • Si supera lo strapiombo sopra la sosta va superato un po’ a sinistra, con un passaggio più verticale (V-) di placca nera compatta molto prossimo al pilastro che delimita, a sinistra, tutto il grande settore di placconate. Superatolo si segue un aperto camino a sinistra fino a raggiungere un pulpito ancora in corrispondenza della sosta del colatoio, giusto alla base della lunga fessura-diedro che prosegue verso l’alto (25m). 
  • Si risale la fessura-diedro per una decina di metri (V, utile qualche friend medio, sassi incastrati) Giunti sotto lo strapiombo si effettua una traversata a destra allontandosi dal fondo del diedro (che presenterebbe roccia gialla) di alcuni metri e puntando, lungo placche di roccia compattissima (IV, 2clessidre, cordino rosso), ad una nicchia poco accennata di roccia scura. La si supera direttamente, con arrampicata delicata ma non difficile (IV+), riavvicinandosi al diedro su placche stupende e sostando su un’ottima clessidra orizzontale (V, IV, IV+, 40m).
  • Evitando una pancia sulla sinistra, a pochi metri dal diedro, si prosegue tutto il tiro su roccia magnifica, prima su placche compatte, leggermente da sinistra verso destra (IV+), e poi in aderenza lungo un colatoio appoggiato di roccia levigatissima (IV), da destra verso sinistra. Ci si tiene sempre ad alcuni metri di distanza dal colatoio principale della via parallela, sostando su una grande clessidra gialla in vista della sosta della via parallela che è posta sotto uno strapiombo levigato (IV+, IV, 45m).
  • Ignorando il chiodo alcuni metri sopra la sosta e il colatoio a destra, si devia a sinistra su un camino aperto apparentemente di roccia non compatta. Lo si segue su roccia buona per alcuni metri raggiungendo un piccolo strapiombetto (IV+, chiodo, roccia buona ma da controllare) e che si supera con brevissimo passaggio atletico.

Si prosegue ora su rocce più  facili (III) fino ad uscire dal colatoio principale e dalle difficoltà (IV+, III, 45m).

Alternativa: dalla sosta è anche possibile rinunciare all’originale uscita a sinistra e proseguire a destra lungo il colatoio (V+), oppure verticalmente su una placca verticale che rappresenta una variante (più asciutta) del colatoio (V+)). 

Discesa: a corde doppie lungo la vicina via Bruno (50mm più a nord), oppure per facili rocce si può raggiungere la cengia di uscita dal settore (II-III, 40m).

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